I principali reati su facebook
Ultima modifica: 28/01/12
Il merito di Facebook è essenzialmente quello della facilità di utilizzo. Chiunque, anche se digiuno di qualsiasi conoscenza relativa alla programmazione di un sito, è in grado di pubblicare qualcosa di proprio.
Purtroppo sia per superficialità, sia per scarsa dimestichezza con il mezzo virtuale, si è indotti a pensare che il nostro mondo rimanga appannaggio di una schiera di pochi eletti (amici), ignorando che attraverso Facebook (e qualunque altro social network) rischiamo di mettere letteralmente "in piazza" la parte più intima di noi.
Proprio per questo, se non si è a conoscenza delle normative che regolano queste attività, si rischia seriamente (anche solo per ignoranza) di incorrere in reati civili e penali.
In questa pagina (che non vuole essere esaustiva dell'argomento) ci proponiamo di elencare, in forma sintetica, quanto previsto dalla Legge Italiana, dando la possibilità ai nostri fan di approfondire gli argomenti tramite la consultazione dei link indicati in fondo al nostro testo.
Premessa
Qualunque attività effettuata su Internet (e di conseguenza anche su Facebook) è registrata sui siti in cui viene eseguita (da un minimo di 3 mesi a un massimo di 2 anni, in funzione della legislazione dello Stato di origine del gestore), e l'autore è, generalmente, SEMPRE rintracciabile da parte degli organi di controllo preposti (Polizia Postale, Carabinieri, Guardia di Finanza) e a seguito di un ordine di procedura da parte dell'Autorità Giudiziaria.
Sinteticamente (e per semplificare) vi sono due tipologie di reati consumabili:
- invio di materiale pubblicitario non autorizzato (spamming)
- raccolta e l'utilizzo indebito di dati personali, attività espressamente vietate dal T.U. sulla privacy (d.lgs. n. 196 del 2003)
- utilizzo dei contatti per trasmettere volutamente virus informatici (art. 615-quinquies)
- utilizzo dei contatti per acquisire abusivamente codici di accesso per violare sistemi informatici (art. 615-quater)
- scambio di immagini pedopornografiche che integra gli estremi del reato ad es. di cessione di materiale pedopornografico (art. 600-ter)
- inviare messaggi di propaganda politica, di incitamento all'odio e alla discriminazione razziale
- Diffamazione
Il reato, punito dall'art. 595 c.p. con pene, nella forma aggravata, fino a 3 anni di reclusione (con annesso diritto al risarcimento nei confronti della parte lesa), prevede l'inserimento di frasi offensive (battute "pesanti"), notizie riservate la cui divulgazione provoca pregiudizi, foto denigratorie o comunque la cui pubblicazione ha ripercussioni negative, anche potenziali, sulla reputazione della persona ritratta.
- Sostituzione di persona e usurpazione di titoli e onori
La Cassazione, nel 2007, ha ritenuto che rientri in tale reato il comportamento di chi crea un falso account di posta elettronica, intrattenendo corrispondenze informatiche con altre persone e spacciandosi per persona diversa (quindi come su FB). Anche se per integrare il reato di cui all'art. 494 c.p. è necessario il fine di conseguire un vantaggio o recare un danno, tali requisiti sono intesi in modo molto ampio, come non comprensivi solamente di vantaggi e/o danni di tipo economico ed è molto facile ravvisarli nei casi concreti.
E' reato quindi (anche su Facebook) spacciarsi per persona diversa, o utilizzare marchi, simboli o loghi per rappresentare ciò che non si è, o trarre comunque in inganno altri utenti sulla propria professione.
Si potrebbe configurare (?) anche il caso previsto dall'art 613 (Stato di incapacità procurato mediante violenza), in fase di integrazione (bis-ter) dove si sta discutendo in questi termini: "La fattispecie è descritta come il comportamento di colui che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, .... pone taluno in uno stato di soggezione continuativa tale da escludere o da limitare grandemente la libertà di autodeterminazione, utilizzando tecniche di condizionamento della personalità o di suggestione, che possono far uso unicamente sia di mezzi di carattere esclusivamente psicologico sia di mezzi materiali." (Disegno di Legge - Resoconto sommario n. 171 del 08/06/2010).
- Peculato (dipendenti pubblici)
Recentemente (2007) è fatto espresso divieto ai dipendenti pubblici di utilizzare Internet (e quindi anche Facebook) nel luogo di lavoro. E' stato messo in evidenza da una sentenza della Cassazione che risponde di peculato il dipendente pubblico che accede indebitamente a internet (non dunque per attività autorizzate che a lui competono per il lavoro che svolge), anche quando il contratto di erogazione del servizio stipulato dalla Pubblica amministrazione è un contratto a forfait (che prevede cioè un pagamento di una tariffa fissa indipendentemente dalla durata della navigazione). Anche se tale comportamento non provoca alcuna lesione al patrimonio della Pubblica Amministrazione è comunque tale da ledere l'altro bene giuridico tutelato dalla norma che punisce il peculato, cioè il buon andamento della Pubblica Amministrazione.
- Utilizzo di Facebook per intenti illeciti
In questo caso, il social network è un semplice mezzo da utilizzare per ottenere qualcosa.
Sono considerati reati e punibili le seguenti azioni:
- Utilizzo di Facebook per comunicare con altri utenti (in modo "sbagliato")
Alcuni reati più comuni, che se perpetrati a voce possono passare quasi inosservati, su Facebook assumono delle caratteristiche che risultano sanzionabili d'ufficio, anche in assenza di una denuncia da parte dell'interessato.
Nota a cura di Claudio Cerroni (Hunch - Assistenza e Consulenza Informatica).
Condividi su Facebook